venerdì 5 febbraio 2010

Per capire i rischi ed i vantaggi del nucleare

Centrale nucleare di Civaux (Francia)
Utilizza l'acqua della Vienne ed è composta da due unità di 1500 MW.
E' una delle più moderne in Francia e tuttavia è oggetto di numerose contestazioni da parte della popolazione locale a causa dei frequenti guasti.

Per aprire un ampio dibattito sul Nucleare vi invito dapprima alla lettura del vecchio Opuscoletto (introvabile)


" Cento domande sul Nucleare " pubblicato dall'Espresso nel Giugno 86 (qui riprodotto con gentile concessione del Gruppo Editoriale L'Espresso)
con articoli di Regge,Mattioli, Maltoni, Scalia
e vi invito poi a leggere l'ottimo articolo di Ugo Leone sulla Republica del 6 Febbraio 2010

+ Sole e vento sono migliori del nucleare
Repubblica — 06 febbraio 2010

FI N A L M E N T E . L a campagna elettorale comincia con un dibattito che merita massima attenzione: è il tema del nucleare. È un argomento che andrebbe affrontato e discusso al di là delle posizioni ideologiche, ma, inevitabilmente, non sarà così. Allora, presuntuosamente propongo qualche elemento di riflessione obiettiva. Ricordo che un paio di anni fa il ministro Scajola, illustrando la strategia governativa in materia di fonti di energia, disse che entro cinque anni saranno state messe le prime pietre per le prime centrali nucleari.
Quelle pietre non sono state messe e se si cominciasse oggi a metterle significherebbe che entro il 2015 si cominceranno a costruire centrali che diventeranno operative intorno al 2025.
Proviamo a ragionare su questi dati e sull' affermazione di Scajola e a farlo per assurdo. L' assurdo è dare per certo che si tratterà di centrali dell' ultimissima generazione e che queste siano assolutamente e provatamente sicure. e un' ipotesi di questo tipo può consentire di dimostrare la sempre più limitata pericolosità delle centrali non è, comunque, in grado di dimostrarne la reale utilità. Mi spiego. Il rischio, qualunque tipo di rischio e sappiamo tutti che non esiste rischio zero, non dipende solo dalla probabilità, per quanto remota, che si manifesti un evento capace di far danno a cose e persone, ma soprattutto dipende, appunto, dalla presenza di cose e persone. Dunque per minimizzare la pericolosità di un impianto a rischio di incidente è importante la scelta del sito: che sia il più lontano possibile da persone e cose. Non solo: è necessario anche che l' impianto sorga in una zona sicura, vale a dire non sismica e non franosa.
Bene. Bisogna ora chiedersi se e dove esiste in Italia un insieme di coincidenze come queste. Se e dove esiste considerando che 1.037 comuni pari al 13% del totale sono complessivamente interessati dalle norme previste dalla Direttiva Seveso e, quindi, si trovano in situazioni di rischio. Di questi 707, con una popolazione di circa 11,5 milioni di persone rientrano nelle aree a rischio di crisi ambientale. Aggiungiamo che l' Italia è un paese fortemente esposto a rischi naturali, e ci accorgiamo che su 8.101 comuni, 4.610 sono a rischio sismico, una trentina a rischio vulcanico e 2.875 quelli interessati da frane e smottamenti. Tutte tipologie di rischio umano e naturale che in molti casi si sommano. Aggiungiamo ancora che quasi il 12% del territorio nazionale è sottoposto ai vincoli derivanti dalla istituzione di Parchi, nazionali, regionali, oasie altre forme di protezione della natura. Se confrontiamo e sommiamo tutte queste situazioni, è lecito chiedersi: ma dove esistono in Italia siti nei quali sia possibile localizzare in sicurezza impianti a rischio? Non esistono e, tanto meno, ne esistono in Campania che è regione sismica, vulcanica, idrogeologicamente dissestata e con il 30% del territorio ricadente in aree naturali protette. O, per lo meno, non esistono in quantità tali da giustificare l' impegno anche economicamente molto rilevante di un investimento nel nucleare. Ciò perché questa è una scelta la quale, o si abbraccia in toto, come ha fatto la Francia e come si tentò di fare in Italia con il Piano Energetico Nazionale nel 1974, o non ha senso. Voglio dire che non ha senso proporsi di fare un po' di nucleare, vale a dire costruire una quantità di centrali capace di dare un contributo all' offerta di energia intorno al 10-15% del totale, intorno, cioè a circa 15 milioni di tonnellate di equivalente petrolio. Non ha senso perché 15-20 milioni di tep si possono produrre "senza colpo ferire" ricorrendo a fonti di energia realisticamente alternative e rinnovabili: prime fra tutte il vento e il sole, fonti rinnovabili, pulite, mature, e più competitive . Ricordavo all' inizio citando Scajola che le prime centrali nucleari potrebbero entrare in funzione tra non meno di 15 anni. Aggiungo che volendo produrre dal nucleare il 20% dell' energia elettrica, secondo l' obiettivo del governo, occorrerebbe un investimento di almeno 25 miliardi. Con la stessa cifra e in molto minor tempo si potrebbero installare 500 parchi eolici da 20 turbine ciascuno. E questa sarebbe una scelta non solo più "rassicurante" in termini di riduzione del rischio, ma anche coerente con le decisioni dell' Unione Europea di puntare con maggiore convinzione sulle fonti rinnovabili. Quindi il sole (essenzialmente fotovoltaico) e il vento. Ma non solo. In aggiunta non va trascurato, anzi attentamente esplorato il troppo trascurato giacimento costituito dal risparmio. Che non significa restrizione e sacrifici, ma razionalizzazione degli usi e lotta agli sprechi a tutto vantaggio, anche, della durata delle energie in via di esaurimento per quegli usi per i quali è difficile trovare immediate alternative, del minor impatto ambientale e del risparmio economico familiare. In concreto, risparmio significa drastico taglio dei consumi di energia per la climatizzazione artificiale degli ambienti costruiti nei quali oggi si brucia annualmente oltre 30milioni di tep. E, contemporaneamente, massiccia sostituzione dei combustibili fossili (olio combustibile, ma anche metano) con il fotovoltaico e con il ricorso ad una "bioedilizia" nella quale le integrazioni per climatizzare gli ambienti siano ridotte al minimo indispensabile: d' inverno come d' estate. Risparmio significa anche intervenire sui modi di produzione industriale perché, comeè tecnicamente possibile, diventino meno energivori. Risparmio significa, soprattutto, interventi nella politica dei trasporti urbani ed extraurbani che oltre ad essere grandi consumatori di energia da combustibili fossili, per ciò stesso sono anche i maggiori responsabili dell' inquinamento atmosferico e dell' immissione di gas serra in atmosfera. In conclusione: sole, vento e sobrietà negli stili di vita sono la ricetta per un futuro non solo "sostenibile", ma più pulito e più sicuro. - UGO LEONE

Franco di Liberto 8 Febbraio 2010